“Riconciliazione è la parola più volte menzionata nelle note che abbiamo ricevuto da ogni parte della Compagnia universale”, ha dichiarato il p. Arturo Sosa nel corso della sua prima conferenza stampa, che ha avuto luogo lo scorso 18 ottobre. Il padre generale stava rispondendo a una domanda sulle attuali sfide dei gesuiti, ma prendendo spunto dallo stesso DNA della Compagnia di Gesù: la missione di “riconciliare i discordi” era già espressa nella stessa Formula dell’Istituto (1540). E più di recente, già 8 anni fa, la 35ª congregazione generale proponeva la riconciliazione e il costruire ponti come modi attuali di approfondire la nostra missione, in piena coscienza di vivere in un mondo ferito da una moltitudine di violenze fisiche e psicologiche, sociopolitiche, economiche ed ecologiche. Alcuni anni più tardi il p. Adolfo Nicolás insisteva nell’affermare che “La riconciliazione e il lavoro per la pace sono aspetti essenziali del nostro lavoro apostolico, soprattutto quando siamo inviati a quelle frontiere in cui si concretizzano i conflitti, la divisione e la sofferenza del nostro mondo.”
Nella 36ª congregazione generale abbiamo voluto approfondire questa dimensione della nostra missione in un interessante dialogo con Pacho de Roux, gesuita colombiano, esperto nell’opera della riconciliazione a motivo del suo grande coinvolgimento nei processi di pace del suo paese. Secondo il p. de Roux l’umanità sta vivendo una crisi spirituale profondissima, che rende difficile per tutti l’avanzare verso una comunità universale. “Esiste una sola razza umana, una sola comunità umana, una sola dignità umana, che tutti reclamiamo, ma questo cammino avviene con grande sofferenza, specialmente da parte delle popolazioni più vulnerabili, nei luoghi più fragili del mondo”.
Ed ecco la chiamata per la Compagnia a stare nel cuore del mondo, non per esserne i capi o le guide, ma per incarnare quella componente dell’amore di Dio verso l’essere umano che cerca il modo di superare le differenze e le tensioni tra noi e di evitare le tante fratture, religiose, sociali, etniche, emozionali… Per il p. De Roux “la Compagnia incarna questa missione in quei gesuiti che, in questo momento, si trovano affianco alle vittime.” Accompagnando la sofferenza, la disperazione e l’angoscia, vivendo il dolore dall’interno, per cominciare a ricostruire un’umanità riconciliata.
L’uomo ha paura ad accettare che una bambina dell’India o un’afro-colombiana proveniente da un qualche angolo d’America sia un essere umano tanto quanto un uomo proveniente dal Giappone o da una regione della Germania. Accettare questo significa accettare che queste persone abbiano gli stessi diritti di partecipare ai beni del pianeta e a goderne le meraviglie. Si teme di pensare che siamo chiamati a essere una comunità tra tutti… mentre invece la bellezza, ciò che Dio desidera, è proprio che noi celebriamo con immensa gioia la comunità universale e la differenza. “Noi, nella Congregazione, non siamo che una loro parabola. I compagni che stanno vivendo a fondo il dolore umano, sono coloro che ci fanno comprendere veramente verso dove dobbiamo camminare.”