Pochi giorni dopo la sua elezione avvenuta il 14 ottobre scorso, p. Arturo Sosa ha incontrato un gruppo di settanta giornalisti nell’aula della congregazione. Padre Federico Lombardi ha introdotto p. Sosa in qualità di amico. Si sono conosciuti nel 1983, in occasione della congregazione 33ma, nella quale p. Arturo Sosa, allora trentacinquenne, era il più giovane elettore. In quella congregazione si accoglieva la rinuncia del p. Pedro Arrupe, si concludeva la gestione transitoria di p. Paolo Dezza e si eleggeva p. Peter Hans Kolvenbach.
Arrupe è stato l’ispiratore dei centri sociali in cui p. Sosa a quel tempo lavorava. Alla messa di ringraziamento nella chiesa del Gesù, il giorno dopo la sua elezione, il neo generale si è recato alla tomba di Arrupe, come aveva fatto già papa Francesco il 31 luglio 2013, in occasione della festa di sant’Ignazio.
Il generalato di p. Sosa nasce in continuità con quello di p. Nicolas, che più volte lo ha richiesto a Roma per lavorare in curia generale. Due anni fa p. Sosa è diventato delegato per le case e le opere internazionali a Roma.
Padre Lombardi ha anche ricordato che il neo generale è il primo non europeo, proveniente dall’America latina. La compagnia ha confermato la sua apertura agli orizzonti internazionali: i tre precedenti generali, pur essendo nati in Europa, sono vissuti in Asia.
“Sto bene, sono sereno…Sono molto sorpreso e nello stesso tempo grato al Signore”, ha esordito p. Sosa. “Sento di aver bisogno di aiuto: non è una cosa che posso fare da solo. Del resto, questa è la Compagnia di Gesù e quindi confido che Gesù stesso se ne faccia carico. Da parte mia, spero di non porre troppi ostacoli. E poi mi fido dei miei compagni”. Quindi ha aggiunto scherzando: “Cerco di non perdere il mio nome. Arturo. Il nome di una vita, il nome di mio padre e di mio nonno… invece ‘generale’ arriva molto dopo”.
Ha poi ringraziato il suo predecessore, p. Adolfo Nicolas: “Si è già congedato dai due papi ed è già pronto per una nuova missione. Dopo un breve periodo di riposo in Spagna si preparerà per rientrare nelle Filippine, per andare lì dove il suo Provinciale lo ha destinato. Farà il padre spirituale in un centro pastorale. Mi tocca molto la sua libertà e il suo desiderio di continuare la sua missione come ‘semplice’ gesuita”.
P. Sosa ha poi sottolineato che la congregazione, dopo la sua elezione, entra nella fase deliberativa: “Nei prossimi giorni, con i delegati discuteremo sugli orientamenti del futuro prossimo della Compagnia. Lo faremo prendendo in considerazione le varie richieste pervenute da tutte le parti del mondo. Non ridiscuteremo il senso della nostra missione oggi: il servizio della fede e la promozione della giustizia, tenendo conto della diversità culturale e del dialogo. La 35ma congregazione generale aveva già individuato alcune priorità che rimangono attuali, come il dialogo interreligioso, la questione dei rifugiati e dei flussi migratori, le situazioni di crisi dovute alle mutate condizioni economiche, il ruolo delle case internazionali a Roma”.
Ha poi ribadito che: “Non è ancora chiaro neppure a me, al momento, quali saranno le linee di governo. Come padre generale, io sono chiamato a mettere in pratica i decreti che verranno decisi dalla congregazione stessa e riceverò delle raccomandazioni su quali saranno i punti di attenzione che dovrò tenere presenti. La Congregazione di fatto rimane l’organo supremo di governo della Compagnia”.
Nei prossimi giorni, la congregazione 36ma, dopo aver riflettuto e discusso sulla missione, procederà a formare il nuovo governo, in particolare scegliendo gli assistenti ad providentiam (coloro che aiutano il generale a vigilare sul buon governo della Compagnia), l’ammonitore (che si prende cura della sua vita spirituale) e gli assistenti regionali.
Rispondendo alle domande che gli sono state poste, p. Sosa ha commentato la situazione del Venezuela, precisando che non la si può comprendere senza tenere conto che la ricchezza del paese è strettamente legata al petrolio, gestito direttamente dallo stato. Una situazione che non favorisce una vera democrazia e che con l’attuale crisi petrolifera causa una grande sofferenza economica dell’intera società.
Sulla relazione con papa Francesco, p. Sosa ha ricordato di averlo incontrato nella 33ma congregazione e poi in altre occasioni fino a quando, da papa, lo ha ricevuto al collegio internazionale del Gesù e in altre quattro o cinque occasioni in quanto delegato delle case internazionali della Compagnia che sono direttamente connesse con il papa stesso. E ha aggiunto: “E’ facile entrare in comunicazione cordiale con papa Francesco”.
Quanto alle “sfide dell’impossibile”, padre Sosa ha affermato che la Compagnia si poggia su due “gambe”: “La prima è la fede in Dio che ci invita a fare quello che speriamo”, anche se sembra impossibile. “Quando fai l’analisi storica del mondo, puoi anche diventare pessimista. Di fronte al potere economico, al narcotraffico, al commercio delle armi, al traffico delle persone, i poteri sono così forti che sembrano imbattibili. Ma noi diciamo è possibile costruire un mondo diverso dove tutti possono avere cibo, casa e scuola. La seconda è la profondità intellettuale: se non cerchiamo di approfondire la conoscenza scientifica e culturale per capire cosa succede non è possibile che l’impossibile accada”. Per questo la Compagnia investe tanto nella formazione dei gesuiti e nell’apostolato educativo.
Rispondendo a una domanda sulla presenza in Cina, padre Sosa ha affermato che la Compagnia lavora su due fronti: nella Cina continentale, 10-12 gesuiti stranieri insegnano nelle università (prevalentemente lingue, economia e scienze sociali). Il governo è informato sulla loro presenza, hanno il permesso di insegnare e non fanno lavoro pastorale, cosa che invece avviene a Taiwan, Hong Kong e Macau. Qui, in particolare, seguono la formazione teologica e spirituale di un centinaio di seminaristi.
Quanto alla definizione di “papa nero”, il neo generale ha replicato che non la trova in linea con la missione dei gesuiti che fanno voto di non aspirare a cariche ecclesiastiche: “Cerchiamo di lavorare a un altro livello di servizio, aiutando papa e vescovi”. Sul quarto voto, quello di obbedienza al papa, p. Sosa ha spiegato che la Compagnia non sceglie le priorità della Chiesa perché si mette a servizio di chi ha lo sguardo più ampio e si prende cura di tutta la Chiesa.
Riguardo alla sua vocazione, p. Sosa ha raccontato di aver conosciuto i gesuiti in un collegio nel Venezuela, dove la Compagnia è presente dal 1916 e ha confidato: “Più che i preti, mi hanno colpito in modo particolare i fratelli gesuiti…Poi, da provinciale, nel rendiconto di coscienza, mi sono meravigliato della profondità della loro santità”.
Sull’elezione a vita, p. Sosa ha risposto che la Compagnia continuerà a eleggere il suo generale a vita. I tre precedenti generali hanno rassegnato le dimissioni per cause di salute o per motivi di età. Il criterio è che sia capace di gestire la complessità del governo. Per questo vigilano gli assistenti e l’ammonitore.
Quali sono le sfide principali della Compagnia? Già Nicolás aveva invitato tutti i gesuiti a riflettere in preparazione alla congregazione. “Dalle risposte giunte da tutte le provincie del mondo, la parola più ricorrente è “riconciliazione”. In tutte le regioni del mondo si sente questa ferita profonda della divisione dei conflitti e della violenza sul creato”.
Alla domanda sull’invito di papa Francesco a “fare chiasso” come Chiesa, il generale ha risposto che va intesa anche nel senso di non aver paura di buttarsi nei conflitti. “La Compagnia non deve difendere se stessa, non conformarsi a quello che c’è e neppure a quello che la Chiesa è. Ma deve riformarsi e uscire”.
Infine, parlando di comunicazione, il p. Sosa ha ribadito che si tratta di una grande sfida nella quale i gesuiti sono già coinvolti, sia a livello di lavoro nei media, che a livello di ricerca.
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