Dopo l’elezione è iniziata la fase “ad negotia”, cioè in cui si discute di alcune opzioni importanti per meglio servire la Chiesa e il Vangelo. Così come nella fase dell’elezione, anche in questa si tratta di “scegliere”. E dunque di “eleggere”: uno stile, una direzione, forse delle priorità. Ma con quale criterio? Che modello guardare? Per molti di noi, la persona che in questo momento incarna meglio la bellezza dell’annuncio di fede a livello planetario è Papa Francesco. Allora quando abbiamo saputo che sarebbe venuto a trovarci lunedì, abbiamo iniziato a dire: egli ci mostrerà la via, egli ci indicherà cosa fare. Man mano che i nostri discorsi si appesantivano salivano le aspettative verso Papa Francesco. E’ l’uomo che doveva risolvere i nostri problemi. Il “deus ex machina”.
Io per primo vedevo nella sua visita la possibilità di rivivere le origini della Compagnia come quando Paolo III disse a Ignazio e ai primi compagni dove andare e cosa fare. Io per primo aspettavo un intervento “magico” che in qualche modo “ri-fondasse” la Compagnia. Invece… che delusione!
“Cercate la gioia e la consolazione”, “mettetevi davanti alla croce”, “sappiate discernere”,… Ma caro Francesco, non è questo quello che ti chiedevamo! Siamo in una Congregazione Generale e non in un noviziato! – queste le mie prime risonanze interiori. Che ho fatto fatica ad ascoltare in verità perché me ne vergognavo. Perché la visita del Papa doveva essere il massimo della vita. Perché Papa Francesco è il nostro modello, il nostro… “idolo”. “Idolo”? Forse proprio questa parola mi ha aiutato a capire la grandezza di ciò che abbiamo vissuto.
Sarebbe stato facile per la genialità apostolica di Papa Francesco darci un indirizzo chiaro. Sarebbe stato facile per Mario Bergoglio che tanto ha amato la Compagnia, adesso, da Papa, “ri-fondarla”. Ma Francesco, fedele al suo nome, si è ritirato. Fedele a ciò che Ignazio consiglia a chi dà gli Esercizi: ci ha lasciato soli davanti al Signore affinché “sia lo stesso Creatore e Signore a comunicarsi all’anima, attirandola al suo amore e alla sua lode, e disponendola alla via nella quale potrà meglio servirlo in futuro” (EESS 15). La Compagnia non ha bisogno di essere “ri-fondata”, esiste già. La Compagnia non ha bisogno di correre dietro a nessun modello rassicurante: è la Compagnia… di Gesù.
Allora ciò che Papa Francesco ci ha regalato è una scottante provocazione per liberarci da ogni idolatria. Anche il Papa, vero superiore ultimo della Compagnia, può diventare un idolo, se non ci liberiamo dalla mondanità del cuore che cerca sempre “la formula che funziona”. L’implicito monito si rivolge anche al futuro dei nostri lavori: anche le priorità più belle possono essere degli idoli rassicuranti!
Papa Francesco ci ha semplicemente rimessi davanti a Dio, come un geniale accompagnatore di Esercizi. In due ore, ha dato gli Esercizi spirituali a tutta la Compagnia. Ed è esattamente ciò di cui avevamo bisogno. O forse: è esattamente ciò che volevamo fare. Adesso nell’aula ci guardiamo diversamente. Ci siamo scoperti tutti idolatri, tutti mondani, tutti infedeli. Ma davanti alla croce e chiamati alla gioia. Ci siamo scoperti “compagni di Gesù”. Più che “ri-fondati”, siamo stati “ri-scoperti”.